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IMPARARE AD ALLENARE - ALLENARSI PER VINCERE

Il complesso ruolo dell'Allenatore nel rapporto con l'Atleta. Competenze e Condivisioni sono indispensabili per raggiungere obiettivi di successo.

L'Allenamento è un processo educativo continuo e complesso che si concretizza nell'organizzazione dell'esercizio fisico, ripetuto in quantità, intensità e qualità tali da produrre carichi progressivamente crescenti che stimolino processi fisiologici di supercompensazione dell'organismo e favoriscano l'aumento delle capacità fisiche, psichiche, tecniche e tattiche dell'atleta, al fine di esaltarne e consolidarne il rendimento in gara (Vittori).

Atleti di ogni sport, età, caratteristiche fisiche, dedicano ore ed ore ad allenarsi, in quantità e con modalità differenti, più o meno correttamente, in funzione dei propri obiettivi e con le proprie motivazioni.

Allenarsi si, ma come?
Innanzitutto è indispensabile stabilire che non si può crescere tecnicamente ne è possibile allenarsi con efficacia in mancanza di un esperto, che nel nostro caso si chiama "Allenatore".
Il ruolo dell'allenatore è essenziale nel percorso agonistico dell'atleta. E' colui che conosce il sistema per crescere agonisticamente, sa come organizzare e pianificare gli allenamenti, come motivare l'allievo, possiede un collaudato modello di riferimento che utilizza nel plasmare l'atleta, è in grado di aiutarlo a rialzarsi dopo una sconfitta.
L'allenatore sa di essere per l'atleta il vero ed unico referente che gli permette di raggiungere i propri obiettivi agevolmente.

Stabilire gli Obiettivi.
Durante il percorso di crescita agonistica, Allenatore ed Atleta condividono spazi, obiettivi, successi ed insuccessi, spinte motivazionali a volte altalenanti, in un susseguirsi di incontri finalizzati al miglioramento della prestazione in competizione.
Nello svolgere i compiti quotidiani stabiliti generalmente dall'allenatore, l'atleta sa che solo fornendo la propria ampia disponibilità nell'esecuzione, raggiungerà le proprie mete e gli obiettivi prefissati. E' importante un rapporto sincero e trasparente tra i due, pena l'alta percentuale di insuccessi.
Dovranno essere stabiliti obiettivi a breve, a medio e a lungo termine, i quali necessariamente saranno concordati e condivisi.
L'atleta dovrà essere attratto dall'obiettivo, dovrà poterlo raggiungere in tempi ragionevoli ed insieme al proprio allenatore, poterne festeggiare il raggiungimento, anche in termini prestativi oltre che di risultato.

Gli allenamenti si svolgeranno in un continuum di Obiettivi di Prestazione (che cosa), di Processo (come) e di Risultato (quanto). Essi saranno un intercalarsi di Obiettivi a Breve termine Raggiungibili e Valutabili, Stimolanti e Gratificanti. Ogni obiettivo dovrà obbligatoriamente passare attraverso la condivisione con l'atleta, ed il raggiungimento dovrà essere oggetto di festeggiamenti.

Programmare i Contenuti.
Stabiliti gli obiettivi, è necessario programmare i contenuti di un Programma di Allenamento volto alla crescita, prima di tutto tecnica.
Un programma di allenamento, per essere funzionale alla crescita tecnica ed utile per il miglioramento della performance, deve essere stilato da un esperto, o comunque da un conoscitore delle alternanze dei carichi di lavoro, delle modalità, delle variabilità e delle intensità, che opportunamente organizzate portano alla migliore prestazione quando serve e non quando capita.
In un programma di allenamento serio, sono previsti momenti di carico di lavoro alternati a pause di recupero, test di inizio ciclo e controlli di funzionalità di fine ciclo, controlli che indicano eventuali errori nella programmazione iniziale.
E' utile ricordare che non esiste solo l'arco come attrezzo per esercitarsi: palestre professionali o semplici attrezzi casalinghi, se utilizzati opportunamente, garantiscono incrementi prestativi che il semplice "tirare con l'arco" non è in grado di assicurare.
Il Tiro con l'Arco è uno sport annoverato tra le abilità chiuse (closed skill), in quanto poco influenzabili dall'esterno come al contrario avviene nei giochi di squadra (open skill). In realtà è di estrema importanza dedicare una parte importante dell'allenamento alle interferenze esterne, che nel nostro caso sono vento, pioggia, imprevisti tecnici, organizzativi, o semplicemente mutazione di umori tra atleti. A tal scopo è opportuno alternare sedute dove mirare al bersaglio è difficoltoso, il vento spinge a contromirare o il tempo è ridotto drasticamente in seguito ad imprevisti tecnici.

Test di Controllo.
Per crescere è necessario conoscere le possibilità ed il valore tecnico dell'atleta e l'allenatore deve stabilire un corretto punto della situazione del momento, sia fisica che tecnica che mentale.
Così si rendono indispensabili una serie di test fisici, tecnici e mentali, che devono essere ripetuti a cadenze temporali costanti.
Anche la competizione è utilizzata come test di controllo dell'efficacia dell'allenamento. E' utile puntualizzare che ogni gara, anche di importanza secondaria, deve essere inserita nel programma di lavoro in accordo con il proprio allenatore, specialmente durante un periodo di importanti cambiamenti tecnici. La competizione non è mai seduta di allenamento, nè fisica, nè funzionale. La gara è utile esclusivamente come "allenamento alla gara".

Durante la gara l'allievo subisce grandi mutamenti di umore, di carico andrenalinico, emozionale: competizioni inserite senza una idonea programmazione durante le prime fasi di impostazione di un nuovo lavoro o di grandi modifiche tecniche, potrebbero allontanare dagli obiettivi o demotivare l'atleta rispetto la nuova impostazione. Ricordo che gli allenatori utilizzano periodi di grandi scarichi della potenza dell'arco necessari per importanti modifiche tecniche o posturali: una competizione non concordata potrebbe causare grandi delusioni e se ripetuta, difficoltà nella ripresa degli allenamenti successivi.

Conoscere il proprio Atleta.
Non esiste possibilità di successo agonistico in un rapporto Allenatore-Atleta poco chiaro e trasparente. Senza entrare nel particolare, è necessario che l'allenatore conosca i punti di forza e le carenze temporanee dell'atleta, il livello prestativo globale (capacità di gestione della propria attrezzatura e del proprio corpo, considerato un corretto margine di capacità di controllo), conoscere motivazioni ed obiettivi e la possibilità della realizzazione in tempi certi, le caratteristiche ambientali che circondano l'atleta (famiglia, società, stimoli positivi o negativi esterni), le strutture a disposizione ed infine la disponibilità in termini di tempo, che deve essere ben chiara durante tutta la durata del periodo di allenamento.
Ogni variazione delle disponibilità delle strutture, deve prevedere in caso di atleta di alto livello, possibilità alternative, al fine di evitare interruzioni improvvise e prolungate che potrebbero compromettere il lavoro.

L'incessante lavoro dell'Allenatore.
Non è facile nè poco impegnativo essere Allenatori con la "A" maiuscola. Mentre l'atleta è impegnato nel suo lavoro di allenamento, l'allenatore ricerca ed apprende continuamente. Durante questo percorso, anche formativo, si avvarrà di collaborazioni esterne (colleghi allenatori con differenti esperienze, preparatori atletici, psicologi dello sport o tecnici con più ampie conoscenze ed esperienze). E' inutile ricordare che la gestione del proprio atleta in assoluta autonomia, limita enormemente la crescita globale e riduce drasticamente la motivazione di entrambi.
L'apertura all'apprendimento da parte dell'allenatore, è parte integrante del bagaglio tecnico e professionale che fa di ogni tecnico, un professionista capace ed autorevole.
La profonda conoscenza e l'esperienza nelle loro globalità, sono le capacità che possiede un allenatore di successo.
Importante è la gestione degli errori e delle cadute di prestazioni, che devono essere comprese e valutate come opportunità, necessarie per un rimbalzo verso nuovi obiettivi.
Anche il linguaggio ed il comportamento dell'allenatore hanno estrema importanza nel rapporto con l'atleta: ad atleti di medio livello, gli obiettivi dovranno essere sempre formulati in senso positivo (tieni il braccio teso) piuttosto che tesi ad evitare l'errore (non piegare il braccio). Tutto deve essere volto a costruire ed incrementare l'immagine del corretto modello prestativo il quale deve obbligatoriamente essere condiviso, definito ed affinato con l'atleta. Essere stimolante ed interessante durante il raggiungimento, in quanto ciò è fonte e spinta motivazionale, e questo è compito principale dell'allenatore.

Detto ciò, voglio dedicare uno parentesi alla modalità con cui il percorso formativo dell'atleta deve essere organizzato dal proprio allenatore. Distinguerei in 3 grandi fasi la formazione:

1) Stadio di Coordinazione Grezza: l'abilità si evolve gradualmente, l'allenatore è molto presente, sempre con un chiaro riferimento al modello prestazionale di riferimento. L'atleta percepisce con difficoltà le differenze di prestazioni tecniche. Le informazioni arrivano contemporaneamente dall'allenatore che richiede un singolo compito e dall'ascolto della sensazione del singolo movimento che prende il sopravvento sull'ambiente esterno. Gli obiettivi sono esclusivamente di processo (miglioramento tecnico), e mai di prestazione. Le informazioni hanno un forte imprinting di carattere cinestesico (interventi di assistenza diretta con manipolazioni sull'atleta) e l'atleta deve essere continuamente motivato;

2) Stadio di Coordinazione Fine: alcuni gradi di abilità sono appresi e consolidati. L'atleta può rivolgere così l'attenzione su punti chiave dell'esecuzione. L'allenatore fornisce informazioni più generali, su distretti corporei più ampi, e saltuariamente. L'ascolto della sensazione è più fine e l'atleta riesce a percepire quasi sempre le differenze in termini prestativi tra un tiro ed un altro. L'ambiente esterno influenza saltuariamente la prestazione, e l'atleta allena durante questa fase la gestione delle interferenze ambientali. Gli obiettivi sono parallelamente di processo (azione fluida ed efficace, gestione di una corretta postura ed equilibrio, ascolto delle reazioni) e prestativi (raggiungimento di obiettivi di punteggio e di rosata). Le informazioni sono ampiamente di carattere verbale e derivanti da analisi delle riprese. L'atleta è in grado di automotivarsi con una buona percentuale di successo;

3) Stadio Autonomo: l'atleta DEVE essere messo in condizione di autogestirsi durante una buona parte degli allenamenti. L'allenatore ha la gestione del programma di allenamento, ma in ampia condivisione con l'atleta, il quale è in grado di gestire in autonomia la competizione in toto. Gli obiettivi saranno largamente di carattere prestativo e le informazioni potranno riguardare anche aspetti negativi del gesto (errori ricorrenti, atteggiamenti da evitare), in quanto l'atleta ha un alto grado di motivazione. I feedback saranno più precisi e destinati a correggere l'errore e le prestazioni più scontate ed anticipate.
Sostenere da parte dell'allenatore la motivazione nello Stadio Autonomo diventa obiettivo fondamentale in quanto la prestazione non è in grado di mantenere un alto livello con costanza. Le aspettative purtroppo si spostano molto al di sopra delle reali possibilità, e l'atleta inizia ad intraprendere un percorso che lo porta a continui successi e ricadute (caratteristica dello sport in assoluto), dal quale deve rialzarsi per il raggiungimento dell'obiettivo successivo.

Ho volutamente citato le 3 fasi della formazione dell'atleta, per sottolineare quanta confusione regna sui nostri campi di gara: allenatori che gestiscono malamente il proprio ruolo ed il proprio stress da gara, atleti completamente dipendenti dal proprio allenatore (o peggio, dallo pseudo-allenatore di gara) intento a fornire più informazioni in termini di punteggio che a favorire una buona prestazione.
Inoltre in gara vengono operate modalità differenti dall'allenamento, che portano l'atleta da uno stato confusionale, ad una perdita di motivazione, a una difficoltà di gestione del proprio gesto tecnico, principali cause di insuccessi prestativi.
Tutto ciò avviene come conseguenza di una mancanza di allenamenti seri ed organizzati.
Allenarsi correttamente significa anche imparare ad autogestirsi durante la competizione, senza necessità di "indicatori di freccia umani", più ingombranti sulla linea di tiro che utili per la prestazione. Durante le sedute di allenamento, si stabilisce e si allena altresì una efficace "tattica di gara", che comprende adattamenti ambientali (concorrenti che ci costringono a posizioni scomode, piazzole sconnesse, impossibilità di utilizzare cannocchiali o attrezzature personali). Voglio ricordare che ogni interferenza può essere considerata come "gestibile" perchè valutata ed allenata, o "eccezionale" ed imprevista, causa di stress e alterazione della tranquillità, serenità e concentrazione, condizioni indispensabili durante una competizione.
Gli allenamenti devono così comprendere imprevisti di ogni tipo, oltre ad interferenze anche tecniche, che anche se difficilmente accadono in gara, formano l'atleta a 360°, in grado di gestire in autonomia la maggior parte degli imprevisti.

Altra caratteristica che deve avere un allenamento, è la Variabilità. Tanto, troppo si è dedicato all'automatismo del gesto. Ciò è assolutamente essenziale per grandi risultati in gara, ma è deleterio o semplicemente riduttivo applicare questa pratica durante tutta la programmazione dell'intero ciclo a lungo termine. Un allenamento improntato sulla variabilità è fonte di incremento delle capacità coordinative e reattive di ogni atleta, a qualsiasi livello.
Lavorare su grandi moli di ripetizioni in automatismo, con variazioni saltuarie, ma sempre consolidate con ampie dosi di ripetitività, portano a risultati migliori nella prestazione immediata, in quanto l'atleta impegna tutte le sue energie attentive e cognitive su quel compito. I risultati di un'ampia mole di studi indicano che pratiche variate (random, seriali) producono effetti più vantaggiosi nell'apprendimento a medio e lungo termine. L'allievo è così stimolato a ricostruire di frequente un piano di azione nel passaggio da un compito al susseguente, ricerca una soluzione adeguata, attivando processi di analisi delle informazioni e di organizzazione della risposta motoria adeguata.

Infine vorrei fornire alcune indicazioni agli Allenatori impegnati nella gestione di atleti di tutti i livelli, considerando l'utilità di un "sistema organizzato e pianificato" che allontana i rischi e la grande variabilità di risultati causati da allenamenti improvvisati.
Essenziale è una attenta e costante autocritica, utile a definire ed affinare un canale preferenziale di comunicazione con gli allievi che spesso vivono di linguaggi e realtà generazionali completamente differenti.

Qui di seguito i 15 punti cardine, sui quali costruire un rapporto di successo Allenatore-Atleta:

1) Stabilire i ruoli. L'atleta non fa a modo suo e l'allenatore non si sostituisce all'atleta: il "ti faccio vedere come si fa" o il "io tiravo 300 frecce al giorno con 50 libbre" non porta nè a motivare l'atleta, nè a favorire l'apprendimento tecnico.

2) Atleta e Allenatore devono condividere gli obiettivi. Un obiettivo non condiviso è un obiettivo che non interessa ad almeno uno dei due attori. Nel tempo cade l'interesse anche per l'altro.

3) Il rapporto tra allenatore ed atleta ha regole ferree e ben precise. Ci sono atteggiamenti che portano alla caduta di stima nei confronti dell'allenatore. Essi sono l'inizio della fine della trasparenza e sincerità nel rapporto. Il ruolo di ognuno ed il rispetto reciproco sono la base per un rapporto duraturo e gratificante.

4) L'indipendenza dell'atleta crea un legame indissolubile. La gratitudine di un atleta per il proprio allenatore che lo ha reso autonomo ed indipendente è infinita e non muta nel tempo per la distanza.

5) Il Programma di Allenamento è una cosa seria. Pianificare un lavoro a medio o lungo termine, specialmente per un atleta di alto livello non è da tutti. Improvvisare è facile ma porta spesso all'insuccesso. Un allenatore attento sa come e cosa delegare ai colleghi con maggiore esperienza o a tecnici specializzati.

6) Pianificare, organizzare, decidere, realizzare, controllare, correggere. E' necessaria un'attenta e razionale pianificazione del lavoro. L'atleta deve gestire un suo diario di allenamento e l'allenatore deve conoscere nei minimi particolari il lavoro che sta sviluppando il suo atleta. In assenza di una pianificazione ed un controllo dei compiti, è impossibile gestire errori nella programmazione e rapidi aggiustamenti: anche l'allenatore compie errori, e questi influiscono maggiormente sulla prestazione negativa dell'atleta.

7) L'allenatore deve saper Osservare. Osservare non è guardare. Tutti guardano una partita di calcio ed ognuno critica a modo suo ciò che una persona tecnicamente non competente vede in funzione dei suoi preconcetti. Un tecnico preparato sa osservare, anche attraverso tecnologie avanzate, i particolari che gli servono per costruire le proprie competenze. Osservare è studiare nei particolari una tecnica efficace, è carpire e sfruttare i segreti di un campione, è leggere nell'allievo una richiesta non verbale o la necessità di correggere un punto critico o non funzionale nel programma di allenamento.

8) L'Allenatore deve credere nella soggettività e nell'unicità del suo Atleta. Non esistono 2 persone uguali. Per caratteristiche fisiche, mentali, biomeccaniche. Su questo concetto l'allenatore deve costruire ed organizzare il lavoro sul proprio atleta, come fosse un "abito su misura". Eccessive standardizzazioni e spersonalizzazioni del gesto tecnico limitano la soggettività di cui è caratterizzato ogni individuo e vincolano lo sviluppo delle abilità motorie di cui necessita una buona performance. E' accertato che rinforzare i punti di forza di un gesto tecnico, porta a migliori risultati atletici rispetto ad una eccessiva uniformazione al modello tecnico di riferimento dell'allenatore.

9) Un Grande Allenatore conosce l'arte della Gratificazione e del Rimprovero. Non è sempre scontata l'innata capacità nel gestire un momento positivo o un particolare evento negativo. Come è estremamente indispensabile e gratificante un complimento al raggiungimento di un obbiettivo, è altrettanto necessario un giusto e proporzionato rimprovero dopo un comportamento che disattende le aspettative di obiettivi comuni e condivisi. Ricordo che il rimprovero è recepito come indispensabile dall'allievo conseguentemente ad una mancanza conclamata. L'assenza di esso crea precedenti e mina alla leadership dell'allenatore.

10) L'Allenatore deve essere Autorevole e Preparato. La stima e la fiducia da parte dell'atleta si merita, non si pretende. Un allenatore deve essere prima di tutto "sostanza" e non "apparenza". L'atleta non può essere ingannato a lungo da atteggiamenti o lunghi discorsi seguendo schemi preconfezionati: egli esplora, indaga, sino a che capisce quali capacità possiede l'allenatore: e se scopre che non ha di fronte ciò che si vuole far credere, crolla la fiducia, ed il rapporto alla base di ogni possibilità di successo si sgretola inesorabilmente.

11) L'Allenatore Critica, non Giudica. Quando un Atleta non svolge il proprio compito come stabilito, è necessario che l'allenatore intervenga con una giusta e proporzionata Critica: Costruttiva, Specifica e Razionale ("hai sbagliato in quanto non hai rispettato la quantità ed i tempi" o "sei arrivato in ritardo: così abbiamo meno tempo per completare il programma di allenamento e non posso garantire che arriverai in forma per l'evento"). La Critica è sempre specifica e stimola alla correzione. Un Giudizio è generico e scoraggia ("sei sempre il solito" o "non posso fidarmi di te") e mina alla base la motivazione dell'atleta ("non riuscirò mai a fare il compito come vuole l'allenatore, o se lo faccio, tanto lui non è mai contento").

12) L'Allenatore deve essere ed apparire Giusto. Nella squadra tutti gli atleti devono riconoscere la Giustizia del loro allenatore nelle scelte e nel trattamento nei confronti di ogni componente. Ogni forma di ingiustizia, o recepita tale da parte di un singolo componente la squadra, decreta la fine del riconoscimento del ruolo di leader da parte di TUTTI i componenti. L'ingiustizia viene valutata come "oggi a lui, domani a me".

13) L'Allenatore sa creare il Senso di Appartenenza. Una squadra vincente è una squadra dove i componenti hanno un grande senso di appartenenza. Un calo momentaneo di un atleta è immediatamente sostenuto dagli altri. Grandi risultati nella storia dello sport indicano la causa del successo nel Senso di Appartenenza. Numerosi scontri a squadre dai risultati oltre le aspettative sono l'esempio di ciò. E' scontato che se la squadra vince, è merito di tutti i componenti, Allenatore, Preparatore Atletico, Fisioterapista, Psicologo e altri Tecnici, compresa la persona che gestisce un campo di tiro sempre efficiente e ben curato.

14) Il passato dell'Allenatore non sarà mai il presente dell'Allievo. Un vissuto agonistico di alto livello di un allenatore non può essere propinato al proprio allievo così come lo è stato, se non adattato e personalizzato. Non è possibile creare un "clone" a propria immagine e somiglianza. Ogni individuo è unico, ha caratteristiche uniche e reattività agli stimoli uniche. L'Allenatore competente conosce a fondo questa regola.

15) L'allenatore deve possedere molte caratteristiche, l'atleta molte meno. L'allenatore deve saper Ascoltare, Osservare, Motivare, Pianificare, Organizzare, essere Modello di Correttezza, avere un buon Modello di Riferimento. Deve saper Stimolare, creare Obbiettivi Attraenti, deve possedere Leadership, essere un buon Comunicatore; deve Interessare il suo atleta, deve saper caricarlo e motivarlo quando serve e scaricarlo quando è troppo stressato. L'allenatore deve saper "spostarsi nell'ombra" quando il suo atleta sale sul gradino più alto e deve saper gioire in cuor suo quando il suo atleta sta festeggiando con gli altri componenti della squadra.

L'atleta deve saper fare molte meno cose. Le sue prestazioni dipendono principalmente dall'allenatore, il quale oltre a tutte le cose dette sopra, ha nelle mani la responsabilità del successo o dell'insuccesso di entrambi.

Ci sono tanti, troppi allenatori che sovrastimano le proprie capacità e non accrescono le proprie competenze. E' impegnativo lavorare e crescere per divenire un atleta di successo ed ottenere risultati di rilievo, ma è veramente molto più difficile, articolato, complesso essere o diventare un allenatore competente ed autorevole. Lo schema che utilizza un atleta per accrescere la propria professionalità è infinitamente più semplice di quanto debba fare un allenatore che ogni giorno si rapporta con allievi di genere, cultura, obbiettivi, motivazioni, capacità completamente differenti tra loro.



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